Lunedì 22 settembre 2008 è morto a Bovalino (RC) il giornalista
e scrittore Antonio Delfino; era nato 74 anni fa a Platì.
Collaboratore di vari quotidiani locali e nazionali, tra cui
La Gazzetta del sud, Il Quotidiano della Calabria,
Il Tempo, Il Giornale, Libero e il settimanale
L'Europeo; autore di numerosi libri sulla 'ndrangheta.
Era orgogliosamente figlio del famoso Massaro Peppe,
maresciallo dei carabinieri nei paesi dell'Aspromonte; Antonio
Delfino aveva alternato la sua intensa attività pubblicistica e
intellettuale con quella di docente e poi preside a Bovalino
nell'Istituto Professionale di Stato per il Commercio “Corrado
Alvaro”, fu lui a voler dedicare al grande scrittore di San Luca
la "sua" scuola. Aveva ricoperto anche incarichi politici
essendo stato consigliere e assessore alla pubblica istruzione e
cultura della Provincia di Reggio Calabria.
Totò, come amava farsi chiamare dai veri amici, si sentiva, ed
era, un vero “libertino della penna”; con la casa editrice
Progetto 2000 di Cosenza aveva pubblicato: Gente di Calabria
(1986, giunto alla settima edizione) e Amo l’Aspromonte
(1995, giunto alla terza edizione); inoltre per diversi anni
aveva firmato il giornale della Conferenza Episcopale Calabra
La Chiesa in Calabria.
Ha ottenuto numerosi riconoscimenti a livello nazionale, ma il
più ambito per lui, fu il Premio di giornalismo a Palmi nel
1995, intestato a Domenico Zappone, suo amico, per il libro
Gente di Calabria.
In una intervista del 1988 su Il Giornale di Calabria,
alla domanda quanto prendevi in Italiano?, Totò Delfino così
rispose: «Il voto più alto è stato quattro e mezzo. L’insegnante
era molto prevenuta. Una volta, però, non ne ho potuto più ed in
un tema ho copiato un’intera pagina della critica di Francesco
De Sanctis. Ebbene, quando portò il compito, mi vidi assegnato
quattro e mezzo ed il giudizio "povero di idee"!. Da quel giorno
ho iniziato a scrivere».
Saverio Strati ha scritto: «Delfino ha la virtù di farsi leggere
più come scrittore che come giornalista ligio alla fredda
cronaca. In lui la curiosità è sempre più forte che il bisogno
di registrare una notizia. E da questa sua dote, la curiosità,
scatta la freschezza della scrittura che si fa leggere fino
all’ultima parola, anche quando si capisce come il fatto di
cronaca va a finire. L’insieme degli articoli ha dei legami
invisibili che servono a comporre un corpo abbastanza organico.
Tutti insieme rispecchiano da un lato un modo palpabile da cui
sono nati e da un altro sono il frutto ideale di un
giornalista-scrittore.
Dico giornalista-scrittore per sottolineare che Antonio Delfino
non è un giornalista puro, uno che dà solo informazioni su fatti
accaduti; in parole povere: non è puro e semplice cronista. Egli
talora rivela la sua natura di scrittore ironico, che si diverte
e diverte.
L’insieme degli articoli di Delfino è come la tastiera di un
pianoforte su cui basta pigiare il dito per sentire una nota
musicale; e una nota dopo l’altra nasce una sorta di concerto
corale dentro il quale è viva e dominante l’anima di un popolo,
nel bene e nel male. La povertà, la nobiltà del sentire,
l’arroganza, la stupidità, l’ambiguità, l’ironia, la violenza
mafiosa sono tutte queste cose i pregi e i difetti registrati
con onesta sincerità da un uomo che crede nei valori della
cultura e dell’intelligenza».
(Strati Saverio, Presentazione in Gente
di Calabria)
«Antonio – Totò – Delfino non è solo un apprezzato giornalista,
infaticabile perlustratore della realtà calabrese che ha spesso
contribuito a mettere a nudo nei suoi inquietanti aspetti così
come nelle sue mille e particolari contraddizioni. Delfino è
anche uno dei maggiori esperti di ’ndrangheta e criminalità
organizzata, settore non secondario di questo territorio che,
anche per tradizione familiare (il padre era il famoso
massaru Peppe, terrore dei malandrini e capobastone), ha
imparato a conoscere e a scrutare come pochi. Io conosco di
persona Totò Delfino. Venne da me un giorno all’Europeo
al tempo in cui dirigevo il settimanale e cercavo di dargli la
forza delle cose sentite dalla nostra gente (intendo dagli
italiani). Ed ecco che mi viene incontro Delfino, alto, dalle
mani grandi, dai pensieri e dalla voce profumati esattamente
alla stessa maniera delle pagine di questo libro (Amo
l’Aspromonte). Non lo nego: da inviato del Corriere della
sera ero sceso (anzi salito!) in Aspromonte con un animo
curioso delle cose di lì, ma nello stesso tempo con l’aria di
chi sta un po’ più su, sta al Nord, dove si è più civili, e le
vacche non ingombrano le strade. Mi pareva di vedere un deserto
di umanità, un territorio senza anima, crudele: in fondo mi
sembravano più misericordiose le bestie dei rari e – a mio
avviso – ostili pastori. Incontrando Delfino mi si spalancò un
altro mondo. Mi conquistò subito. Mi accorsi che non avevo
capito niente del Sud e della Calabria».
(Feltri Vittorio, Presentazione in Amo
l’Aspromonte)
Il 26 aprile scorso avevamo proposto su questo Notiziario
Culturale un bellissimo articolo di Totò Delfino sul Museo della
'ndrangheta (leggilo).
Alla moglie e ai figli le più sentite
condoglianze da parte degli amici cosentini di Progetto 2000.